sabato 9 novembre 2019

Campana. La notte e il nulla come destino dell'uomo.


La notte della cometa, romanzo sulla vita e il destino terreno di Dino Campana, il “babbo matto”, così lo definisce il suo autore, Sebastiano Vassalli, è stato riedito da Rizzoli  nel 2015. Dopo trent’anni dalla sua pubblicazione, era il 1984, mantiene intatto il suo fascino, e, per i motivi che diremo, rappresenta oggi, ancora più di ieri, un’occasione per riflettere sulla natura profonda e insondabile della Poesia.

Già dal titolo,  quest’autobiografia è eloquente circa il destino di Dino Campana, che fu un’assoluta eccezione nel panorama accademico e stagnante dell’Italia di quell’epoca,  di cui fu vittima, dominato com’era dalla moda e dalla retorica futuriste; infatti, La notte della cometa sembra avere in sé già una visione dell’arte e della poesia come spazio assoluto, originario e per questo universale,  per poter  raccontare le passioni e i destini umani, quindi, apertamente in contrasto e oltre l’immediatezza dei manifesti letterari, delle mode e delle stereotipate definizioni dell’establishment del suo tempo.

 La notte della cometa… già sembra di udire come un’eco lontana, una voce fatta di silenzio e di oblio che ci parla di un mondo sommerso, dal quale sembrano emergere solo frammenti, come dei bagliori (…) e a un tratto dal mez/zo l’acqua morta le zingare e un canto, da la palude\/ afona una nenia primordiale monotona ma irritante: e del tempo fu sospeso il corso. E’ come se ci si trovasse nel dormiveglia, in uno stato in cui i nessi logici tra le cose e le parole sembrano allentarsi, diventando in questo modo però più potenti ed evocativi, per raccontarci la storia di un oltre , di un mondo lontano , più vasto, dove il nostro sguardo si perde, … là in alto, nel cielo stellato (…) Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti/ E l’immobilità dei firmamenti/ E i gonfi rivi che vanno piangenti/ (…) E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti/ E ancora ti chiamo  ti chiamo Chimera.

 Dino Campana pagò caramente, con la totale emarginazione dai circoli letterari della sua epoca, la sua idea quasi epica, “ eroica” della Poesia, clandestina appunto, perché non  contemporanea a nulla, sfidando l’indifferenza e l’ostracismo di intellettuali, tra i più influenti del suo tempo, come Soffici e Papini, che lo isolarono completamente, lasciandolo in balìa del suo folle tragico destino: una Chimera appunto, un’apparizione che ha lasciato, sì, un segno profondo ma quasi involontario, inconscio, inavvertito, quasi come una stella cadente che risplenda, per pochi attimi, come in un sogno, per poi tornare di nuovo nell’oscurità, lasciandoci increduli, stupefatti, come in una fiaba…  Questo, ahimé, fu l’amaro destino di Dino Campana, che non fu certamente un grande poeta come Goethe, ma che ebbe il merito indiscusso di proporre, con la sola forza della sua anima e del suo destino, una poesia che esplorasse i confini dell’umano e del sogno, una  “ voce”  che cantasse la notte,  pur se con l’intensità assoluta ma, ahimé troppo breve, di una Cometa.   

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