mercoledì 27 gennaio 2021

Le lacrime degli eroi


Il bellissimo libro di Matteo Nucci, Le lacrime degli eroi, sui Poemi omerici,  si segnala, sin dal titolo, che è diremo quasi una dichiarazione di intenti,  come una novità  assolutamente originale, perché indica nel pianto la via principe e anche  una dimensione dell’essere,  per esplorare fin nei più minuti e riposti particolari, il complesso, cangiante e multiforme mondo degli Eroi; dalle passioni così forti e violente da essere considerati, anche perché danno voce ad un immaginario collettivo, esseri sovraumani e per questo invincibili e impenetrabili alle debolezze umane.

Tra gli Eroi, spicca senz’altro Odìsseo, che nel Poema a lui dedicato,  non  è solo, come ci racconta Dante, un uomo dominato da un’ insaziabile curiosità di sapere e, infatti, a testimonianza di ciò, tra gli epiteti a lui attribuiti, che sono specificatamente suoi e di nessun altro, il secondo è  polytlas, in cui spicca il verbo tlemai che ha il significato, nient’affatto casuale di “ resistere”, “sopportare” e che dunque non può non richiamare le molteplici sofferenze e gli infiniti patimenti che Odìsseo è costretto a subire prima di tornare a pieno titolo a casa, eventi tutti, che lo arrichiscono e lo trasformano profondamente, anche da un punto di vista etico: come uomo.

Tant’ è vero, che i libri in cui  fa la parte dell’aedo, sono  quelli delle avventure che tutti conoscono, da Polifemo alle Sirene, ma sono soprattutto quelli nei quali il poeta fa mostrare al suo eroe, concetti che diventeranno cardine nella Grecia classica e che nulla hanno a che fare con l’astuzia o con l’avidità di conoscere, ma piuttosto con la sofferenza che porta alla conoscenza, come si legge nei due bellissimi versi di Eschilo dell’ Agamennone: pathei mathos, e che qui sono, infatti, emblematici di un capovolgimento di prospettiva.

Non c’è una crescita dell’eroe, durevole e autentica, solo attraverso mirabolanti imprese o eroiche gesta, ma, c’è crescita,  anche dall’accogliere in sé le sofferenze dell’ altro, e, infatti, Odìsseo non piange, per le sofferenze patite durante le sue tribolazioni ma, piange, semmai e più profondamente,  per la morte degli amici  che incontra nell’ Ade.
Non è l’astuzia, ma sono piuttosto le lacrime, ad indicargli la via del ritorno.


Già… le lacrime, sono ancora lì. Spettatrici attente e silenziose … ci scrutano… immobili nel cielo stellato,… custodi sapienti di antiche gesta, rimangono,.. lì,… sospese, con la loro voce,… come ad indicarci la via e sembrano dirci o quasi sussurrarci che non si diventa uomini, se non le accettiamo come condizione essenziale, quasi come sorelle nel nostro lungo e tortuoso cammino, se non le accettiamo come parte pù profonda di noi stessi, come strumento per comprendere le enormi possibilità dell’esistere e dell’umano a cui noi tutti siamo affacciati.


  




















IL sogno tra Psicoanalisi e Neuroscienze


Le riflessioni di Piergiorgio Strata contenute nel suo libro dormire forse sognare,   costituiscono un’importante sintesi  di un ampio e articolatissimo dibattito, avviatosi nel 1990, che ha al suo centro i rapporti, enormemente complessi,  tra Neuroscienze e Psicoanalisi, un libro, che noi consigliamo,  anche per l’asciutezza e la godibilità dello stile che non vanno però a scapito, né della profondità né della ricchezza delle argomentazioni.


Il sonno e l’attività onirica a esso associata, hanno interessato fin dai tempi più remoti, l’attività e le riflessioni di filosofi, scienziati, ricercatori di ogni sorta e anche artisti, a seconda delle epoche e comunque sempre in linea con i tempi storici, producendo  una vastissima mole di risposte, alcune validate da evidenze scientifiche, altre alquanto bizzarre, sempre utili però, per poter ripercorrere i mutamenti che hanno caratterizzato l’interpretazione dei sogni. Ad esempio, se oggi l’uomo moderno sogna di viaggiare in aereo o di essere bocciato all’esame di maturità, migliaia di anni fa, l’uomo sognava di essere trasportato in cielo da un’aquila o di essere punito da una divinità. Basti pensare,   alla variegatissima influenza che  il mito greco ha esercitato sull’arte moderna, rappresentando per secoli, l’immaginario dal quale l’uomo del tempo, anche inconsapevolmente attingeva e esprimeva nei suoi sogni, e questo anche perché, in passato, si pensava molto di più attraverso le immagini.  Il sogno, infatti, per quanto ovvio possa apparire sottolinearlo,  si è sempre espresso attraverso immagini.      

Il pensiero freudiano e la sua ingombrante eredità, sono state oggetto, in questi ultimi decenni di una profonda e amplissima revisione teorico - clinica, che qui sarebbe impossibile ripercorrere anche solo nelle sue linnee essenziali. Giova però ricordare, pur se con estrema sintesi, che le relazioni e   anche le sovrapposizioni tra Neuroscienze e Psicoanalisi, che ci sono e che sarebbe del tutto fuorviante e del tutto inutile negare e, quindi, le vaste implicazioni che ne derivano,  sono state spesso viste con sospetto, per il timore,  di una perdita di statuto teorico e quindi anche di identità  e di autonomia soprattutto  di quest’ultima .


La debolezza principale della costruzione freudiana, sottolinea  l’autore,  risiede nel fatto che nulla di quanto emerge nel sogno può essere sottoposto “ ad analisi sperimentale secondo i codici in uso nel metodo scientifico di galileiana memoria”, debolezza già ravvisata da karl Popper, eminente filosofo della scienza del Novecento, per il quale, infatti, già nel 1972, le teorie della psicoanalisi, non potendo essere sottoposte al principio di falsificazione, non avevano credibilità scientifica,  e per tanto Strata sostiene che non è sempre facile e automatico collegare il sogno ad un disagio mentale, proprio perché secondo le attuali acquisizioni delle  Neuroscienze, l’inconscio che conosciamo, non corrisponde più al modello freudiano.

A conferma di ciò, sempre di più, oggi è stata avvertita l’esigenza, di fornire un substrato fisico – chimico ad ogni aspetto dell’attività mentale, diversamente da quanto, invece, faceva Freud, il quale, rifiutava ogni spiegazione del sogno che potesse riferirsi a fattori di natura fisiologica e da questo ne conseguiva che la struttura cerebrale “ era considerata un territorio passivo sul quale aleggiavano i processi mentali”.


Noi pensiamo, però, che possa essere  emblematico e dalle risonanze emotive ed epistemologiche    incalcolabili sulla natura e l’orientamento dei futuri dibattiti scientifici,   sottolineare il fatto che Eric kandel,  premio nobel per la medicina nel 2001, lo ha dedicato, appunto, a Freud, auspicando, così, con un gesto di fortissimo valore storico - simbolico, la necessità di un approccio multidisciplinare nell’esplorare l’animo umano, e di una possibile integrazione dei due modelli proposti dalla Psicoanalisi e dalle Neuroscienze, in un  continuo e fecondo dialogo, perché configgano sempre meno e trovino la via della conciliazione,  mantenendo, cioè, in completa autonomia, pur nel reciproco scambio, ognuna, il proprio statuto teorico, il proprio paradigma epistemologico e soprattutto, mantenendo ognuna, intatto,  il proprio  metodo.