Le riflessioni
di Piergiorgio Strata contenute nel suo libro dormire forse sognare, costituiscono un’importante sintesi di un ampio e articolatissimo dibattito,
avviatosi nel 1990, che ha al suo centro i rapporti, enormemente complessi, tra Neuroscienze e Psicoanalisi, un libro,
che noi consigliamo, anche per
l’asciutezza e la godibilità dello stile che non vanno però a scapito, né della
profondità né della ricchezza delle argomentazioni.
Il sonno e
l’attività onirica a esso associata, hanno interessato fin dai tempi più
remoti, l’attività e le riflessioni di filosofi, scienziati, ricercatori di
ogni sorta e anche artisti, a seconda delle epoche e comunque sempre in linea
con i tempi storici, producendo una
vastissima mole di risposte, alcune validate da evidenze scientifiche, altre
alquanto bizzarre, sempre utili però, per poter ripercorrere i mutamenti che
hanno caratterizzato l’interpretazione dei sogni. Ad esempio, se oggi l’uomo
moderno sogna di viaggiare in aereo o di essere bocciato all’esame di maturità,
migliaia di anni fa, l’uomo sognava di essere trasportato in cielo da un’aquila
o di essere punito da una divinità. Basti pensare, alla variegatissima influenza che il mito greco ha esercitato sull’arte
moderna, rappresentando per secoli, l’immaginario dal quale l’uomo del tempo,
anche inconsapevolmente attingeva e esprimeva nei suoi sogni, e questo anche
perché, in passato, si pensava molto di più attraverso le immagini. Il sogno, infatti, per quanto ovvio possa
apparire sottolinearlo, si è sempre
espresso attraverso immagini.
Il pensiero freudiano e la sua ingombrante eredità, sono
state oggetto, in questi ultimi decenni di una profonda e amplissima revisione
teorico - clinica, che qui sarebbe impossibile ripercorrere anche solo nelle
sue linnee essenziali. Giova però ricordare, pur se con estrema sintesi, che le
relazioni e anche le
sovrapposizioni tra Neuroscienze e Psicoanalisi, che ci sono e che sarebbe del tutto fuorviante e del tutto inutile negare e, quindi, le vaste implicazioni che ne
derivano, sono state spesso viste con
sospetto, per il timore, di una perdita
di statuto teorico e quindi anche di identità
e di autonomia soprattutto di
quest’ultima .
La debolezza principale della costruzione freudiana, sottolinea
l’autore, risiede nel fatto che nulla di quanto emerge
nel sogno può essere sottoposto “ ad analisi sperimentale secondo i codici in
uso nel metodo scientifico di galileiana memoria”, debolezza già ravvisata da
karl Popper, eminente filosofo della scienza del Novecento, per il quale,
infatti, già nel 1972, le teorie della psicoanalisi, non potendo essere
sottoposte al principio di falsificazione, non avevano credibilità scientifica,
e per tanto Strata sostiene che non è
sempre facile e automatico collegare il sogno ad un disagio mentale, proprio
perché secondo le attuali acquisizioni delle Neuroscienze, l’inconscio che conosciamo, non
corrisponde più al modello freudiano.
A conferma di
ciò, sempre di più, oggi è stata avvertita l’esigenza,
di fornire un substrato fisico – chimico ad ogni aspetto dell’attività mentale,
diversamente da quanto, invece, faceva Freud, il quale, rifiutava ogni
spiegazione del sogno che potesse riferirsi a fattori di natura fisiologica e
da questo ne conseguiva che la struttura cerebrale “ era considerata un
territorio passivo sul quale aleggiavano i processi mentali”.
Noi pensiamo, però, che possa essere emblematico e dalle risonanze emotive ed
epistemologiche incalcolabili sulla natura e l’orientamento
dei futuri dibattiti scientifici, sottolineare il fatto che Eric kandel, premio
nobel per la medicina nel 2001, lo ha dedicato, appunto, a Freud, auspicando,
così, con un gesto di fortissimo valore storico - simbolico, la necessità di un
approccio multidisciplinare nell’esplorare l’animo umano, e di una possibile
integrazione dei due modelli proposti dalla Psicoanalisi e dalle Neuroscienze, in un continuo e fecondo dialogo, perché configgano sempre meno e trovino la via della conciliazione, mantenendo, cioè, in completa autonomia, pur
nel reciproco scambio, ognuna, il proprio statuto teorico, il proprio paradigma
epistemologico e soprattutto, mantenendo ognuna, intatto, il proprio
metodo.
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