lunedì 11 febbraio 2019

Reynaldo Hahn

Ci è sembrato interessante e opportuno tornare con alcune osservazioni  sul libro di culto, almeno per gli appassionati d'Opera, di Reynaldo Hahn, Lezioni di canto, che raccoglie i testi di nove lezioni  scritte nel 1913 quando aveva poco più di quarant'anni ,e sotto alcuni aspetti ancora terribilmente attuali. L'autore si domanda fin dalla prima lezione quale sia il segreto del canto e il perché si canta. Difficile dare una risposta univoca, probabilmente non ce ne sono, almeno da un punto di vista teorico, visto che cantare è anche un atto " concreto" e " pragmatico" che " avviene" e interessa anche i nostri sensi. 


Il valore autentico del canto, la sua vera ragione, ciò che ne costituisce la sua bellezza più propria, ricorda Hahn, "... è la combinazione,..., è la fusione del suono e dell'idea". Il suono per quanto bello possa essere è nulla se non dice niente. Si tratta di riconoscere una relazione molto stretta tra parola e canto.  La vera bellezza di una voce sta " in un 'amalgama. Un 'alleanza misteriosa di voce - che - dice e voce - che - suona. In altre parole di melodia e parola". C 'è una stretta interdipendenza tra melodia e parola. La parola ha in sé " forme del sentimento e del pensiero" e comunica alla melodia quei significati così che possa agire direttamente sul cuore e la mente delle persone. Il mondo del suono e della parola esistono e si esprimono in modo diverso l'uno dall'altro ma sono stretti da una comunicazione reciproca. Sono come dei vasi comunicanti.


Già allora Hahn, acutissimo osservatore del suo tempo, lamentava però la mancanza, anche per i cantanti professionisti di un metodo e di un 'educazione della voce. Problema invero ancora attuale.



Un rilievo centrale nel suo metodo occupa la respirazione. Ognuno, ricorda l'Autore, trova "naturalmente" il suo modo di respirare, ma per arrivare a questo deve " dimenticare", la respirazione di  petto e attraverso la mobilizzazione del diaframma, imparare quella così detta "sul fiato" e  anche una postura corretta, dritta e aderente al suolo, come i cantores medievali, per consentire al suono un 'emissione in " maschera" ed evitare così un canto "ingolato", cioè chiuso e che rappresenta la morte della voce.   

Solo dopo una tecnica consolidata e acquisita con un lungo e faticoso lavoro di cesello, cantare può diventare naturale perché non richiede solo una forza muscolare, ma una continua tensione dell'intero organismo "sotto il ferreo controllo della mente".     

Peccato che queste lezioni, già "inascoltate", verrebbe proprio da dire, nella sua epoca, lo siano ancora oggi, dove è disperante la mancanza di Maestri che trasmettano ai loro allievi la necessità di un impegno rigoroso e continuo e l'importanza di un metodo unitario e coerente, requisiti senza i quali semplicemente la musica, nei suoi pur multiformi stili, non ha ragion d'essere, se non solo a livello casuale e dilettantistico.


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