Alcuni anni fa, nel 2017, la Newton Compton, ha pubblicato I cicli completi della Jungla e dei pirati della Malesia, di Emilio Salgari, per la cura di Sergio Campailla, che in alcuni interessanti saggi, ne ridisegna e ricontestualizza la figura e l’importanza. Infatti è stato per troppo tempo rimosso dalla letteratura ufficiale, o supposta tale, e tutt'al più frettolosamente bollato scrittore per l’infanzia o addirittura per ragazzi, come se questo fosse un disonore. Anche se la nostra analisi acquista forza e significato, proprio perché agisce retrospettivamente, per apprezzarne la novità e l’originalità, almeno ad una prima lettura, basterebbe anche solo dare uno sguardo obiettivo alla cultura e al panorama letterario di fine Ottocento e inizio Novecento, dominato, com’era, da autori come Carducci, Pascoli e D’annunzio, anche se altri, ovviamente, sono stati i suoi modelli, come Verne e Stevenson. Ebbene, in un’ Italia, così imbevuta di fanatismo e di retorica, Salgari ha avuto il coraggio di gettarsi a capofitto nella finzione, creando così un cosmo dell'avventuroso e una geografia dell’immaginario, che hanno sostanziato gran parte del genere avventuroso successivo.
Autori di caratura e di spessore così
diversi tra loro: quali London, Conrad, e soprattutto per il senso dell’esotico,
Kipling, ne Il libro della Jungla e
ne Il secondo libro della Jungla, e
Forster, potevano raccontare quello che avevano visto con i propri occhi,
mentre la geografia di Salgari rimane di qualità puramente fantastica, come dimostrano,
infatti, le distanze assolutamente indeterminate, se non addirittura chimeriche, in cui si muovono i personaggi
dei suoi romanzi, come ad esempio tra il Borneo e Calcutta, tra Calcutta e
Delhi, come se fossero lì a due passi.
Questa caratteristica che può sembrare,
ad uno sguardo più immediato e di
superficie, una sciatteria quasi irritante, un errore grossolano, gioca
invece come punto di forza a suo favore perché
contribuisce a creare un senso del “ favoloso”, in cui, i protagonisti
di queste storie diventano essi stessi personaggi di un mito moderno, reinventato con degli
oggetti, quasi rituali, come ad esempio il Kriss o il laccio mortale dei Thugs,
ne I Misteri della Jungla nera, elementi, che danno un ritmo travolgente alla narrazione, lasciandoci in uno stato di suspence, quasi sempre tramortiti e senza fiato .
Si può, quindi legittimamente
affermare, senza paura di essere smentiti, che Salgari ha avuto il merito di
intuire l’importanza di esplorare l’ Oriente, da un punto di vista del
fantastico e del meraviglioso, aprendo ad un immaginario che ancora oggi nutre,
e dà linfa vitale a tanta
narrativa e tanto cinema contemporanei. Pensiamo, ad esempio, a molto del cinema d'avventura degli anni ottanta del secolo scorso, come il ciclo di Indiana Jones o All'insguimento della pietra verde, andando anche a costituire, almeno a parere di chi scrive, il prototipo di molti best seller americani, come Ken Follet oppure, anche se in un modo del tutto diverso, hanno contribuito a sostanziare il mondo fantastico e onirico di Stephen King, pure se, e questo non va dimenticato, in un ambito completamente diverso: quello horror. Fatto questo, che impone Salgari come autore
di assoluto rilievo, nient’affatto secondario, sottraendolo, così, di diritto
all'etichetta, ormai insopportabilmente riduttiva, di scrittore solo “per ragazzi”. Come se poi" fosse così facile raccontare ai
ragazzi."..
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